Quando un nonno si trova davanti agli occhi supplichevoli del nipotino che chiede l’ennesimo dolce o implora di restare alzato fino a tardi, qualcosa dentro di lui si scioglie. Quel “no” che dovrebbe uscire con fermezza rimane bloccato in gola, sostituito da un sorriso indulgente e da un cedimento che, in fondo, genera più ansia che gioia. Questa dinamica è più comune di quanto si pensi e nasconde una paura profonda: quella di essere visti come i “nonni cattivi” o, peggio ancora, di perdere quella luce speciale negli occhi dei bambini.
La trappola dell’amore incondizionato
Il ruolo dei nonni si è evoluto radicalmente negli ultimi decenni. Non sono più soltanto figure affettuose che viziano occasionalmente, ma spesso rappresentano un pilastro educativo fondamentale nella vita quotidiana dei nipoti. Secondo i dati ISTAT sulla conciliazione tra lavoro e famiglia, in Italia una quota consistente di famiglie si affida ai nonni per la cura quotidiana dei bambini. Circa un terzo delle famiglie con figli piccoli utilizza i nonni come forma principale di accudimento extra-genitoriale. Questo cambiamento ha reso ancora più complesso il loro posizionamento: non sono genitori, ma nemmeno semplici visitatori occasionali.
La difficoltà nel porre limiti nasce da un equivoco emotivo: molti nonni credono che l’affetto dei nipoti sia condizionato alla loro capacità di accontentarli. Temono che un rifiuto possa incrinare quel legame speciale, quella complicità che li rende unici rispetto ai genitori. Ma la ricerca psicologica sugli stili educativi mostra che, nel lungo periodo, i bambini costruiscono legami più sicuri con adulti che sanno coniugare calore e regole chiare, piuttosto che con figure solo permissive.
Cosa insegna davvero un “no” ai bambini
I bambini non cercano adulti che assecondino ogni loro capriccio. Cercano sicurezza emotiva, prevedibilità e guide affidabili. Numerosi studi sullo sviluppo socio-emotivo evidenziano che la presenza di figure adulte coerenti e prevedibili sostiene la regolazione emotiva e la costruzione di un attaccamento sicuro.
Quando un nonno cede sistematicamente alle richieste, il bambino riceve un messaggio confuso: le regole sono negoziabili, gli adulti non sono sicuri delle loro decisioni e il mondo è un luogo senza confini chiari. La psicologia dello sviluppo mette in relazione la mancanza di limiti stabili con maggiori difficoltà di autoregolazione e con comportamenti più oppositivi.
La psicologa dello sviluppo Silvia Vegetti Finzi sottolinea come i limiti rappresentino per i bambini una forma di protezione, non di privazione: la regola, posta con affetto, aiuta il bambino a sentirsi contenuto e al sicuro. Un nipote che riceve un “no” fermo ma amorevole impara che le relazioni autentiche sopravvivono alle frustrazioni momentanee, che gli adulti di riferimento sono stabili e coerenti, che esistono conseguenze prevedibili alle azioni e che il valore delle cose aumenta quando non sono sempre disponibili.
Perché i nonni soffrono più dei genitori
Esiste una ragione profonda per cui dire “no” risulta particolarmente difficile ai nonni. A differenza dei genitori, che sono immersi quotidianamente nella routine educativa con tutte le sue fatiche, i nonni vivono spesso momenti concentrati e intensi con i nipoti. Ogni incontro assume un valore prezioso, quasi sacro, e l’idea di rovinarlo con un conflitto diventa psicologicamente più faticosa. Molti nonni vivono la relazione coi nipoti come una seconda possibilità più centrata sugli aspetti affettivi che su quelli di disciplina.
Inoltre, molti nonni appartengono a generazioni che hanno vissuto l’educazione in modo più rigido e autoritario. La letteratura storica e sociologica sull’educazione in Italia nel secondo dopoguerra descrive modelli educativi più severi e poco centrati sull’ascolto emotivo del bambino. Oggi, alcuni nonni riferiscono il desiderio di offrire ai nipoti quella morbidezza che percepiscono di non aver potuto garantire ai propri figli, con il rischio di una compensazione eccessiva che può indebolire i confini educativi.
Strategie concrete per stabilire confini sani
Cambiare questo schema richiede un lavoro sia interiore che pratico. Il primo passo consiste nel riformulare mentalmente il concetto di “no”: non è un rifiuto d’amore, ma un atto d’amore. Le linee guida di molte società di pediatria e psicologia dell’infanzia sottolineano che porre limiti chiari e spiegati con calma è una componente essenziale della cura, alla pari dell’affetto.
Quando un nonno dice “no, adesso non possiamo mangiare altri biscotti” sta dicendo, in pratica, “mi prendo cura della tua salute perché ti voglio bene”. Le raccomandazioni sull’alimentazione infantile ricordano di limitare l’assunzione eccessiva di zuccheri per prevenire sovrappeso, obesità e carie, e riconoscono l’importanza dell’esempio e delle regole condivise in famiglia.

Il metodo del “sì alternativo”
Una tecnica efficace consiste nel trasformare il rifiuto in una proposta alternativa. Invece di un “no” secco al tablet prima di dormire, si può dire: “Il tablet ora riposa, ma possiamo leggere insieme quella storia che ti piace tanto”. Questo approccio è in linea con i principi della disciplina positiva e delle tecniche di reindirizzamento: il limite resta, ma si offre un’opzione accettabile che regola l’emozione del bambino.
Psicologhe e pedagogiste come Daniela Lucangeli, che si occupa di psicologia dell’apprendimento e di emozioni nei processi educativi, hanno proposto strategie che uniscono contenimento e proposta alternativa, per sostenere il senso di efficacia del bambino e ridurre il conflitto emotivo.
La coerenza prima della perfezione
Non serve essere infallibili, serve essere coerenti. Se ieri avete stabilito che dopo cena non si mangia altro, mantenete questa regola anche oggi, anche quando il nipotino fa gli occhi dolci. Gli studi sul comportamento infantile mostrano che i bambini, soprattutto in età prescolare, testano i limiti per verificarne la stabilità. Quando trovano adulti coerenti, tendono a ridurre nel tempo le proteste e a sentirsi più sicuri.
I bambini testano i confini proprio per verificarne la solidità. Quando scoprono che il confine regge, possono paradossalmente sentirsi più calmi: sanno chi guida la situazione e cosa aspettarsi. Questo è coerente con i risultati delle ricerche che collegano la coerenza educativa a minori livelli di ansia e di comportamenti oppositivi nei bambini.
Il dialogo essenziale con i genitori
Un aspetto spesso trascurato riguarda l’allineamento educativo con i genitori dei nipoti. Molte difficoltà nascono quando le regole in casa sono diverse da quelle dei nonni, creando confusione nel bambino e tensioni tra adulti. La letteratura sul coparenting allargato, che include nonni e altri caregiver, evidenzia che la coerenza tra le figure di riferimento è associata a migliori esiti emotivi e comportamentali nei bambini.
Un confronto aperto e non giudicante permette di stabilire alcune regole condivise fondamentali che tutti rispetteranno, come orari, uso di dispositivi e alimentazione di base, lasciando poi margini di flessibilità su aspetti secondari. Questa impostazione è coerente con le raccomandazioni di molti programmi di sostegno alla genitorialità, che invitano a differenziare tra regole non negoziabili legate a sicurezza e salute e regole flessibili.
Questo non significa rinunciare alla propria identità di nonni. Anzi, proprio all’interno di una cornice di regole chiare può fiorire quella spontaneità e quel calore che rendono unico il rapporto nonni-nipoti. Diversi studi antropologici e sociologici sul ruolo dei nonni sottolineano che i nonni sono figure autonome, non semplici cloni dei genitori, ma possono essere alleati preziosi nella crescita se inseriti in un quadro condiviso.
L’affetto non si misura in concessioni
Dopo qualche settimana di “no” più fermi, molti nonni scoprono una verità liberatoria: i nipoti li amano esattamente come prima, se non di più. Gli studi sull’attaccamento in età prescolare mostrano che ciò che conta per la qualità del legame non è la quantità di concessioni, ma la combinazione di sensibilità, responsività e affidabilità nel tempo.
I bambini possiedono una notevole capacità di distinguere l’essenziale dal superficiale: nelle ricerche sui ricordi d’infanzia e sul benessere soggettivo, ciò che viene ricordato con più intensità sono le esperienze condivise significative come gioco, conversazioni e rituali, più che i singoli oggetti ottenuti o negati.
Ricorderanno per sempre il pomeriggio passato a costruire insieme una torre di cuscini, non il fatto che il nonno abbia detto sì o no al terzo gelato della giornata. La psicologia positiva e gli studi sul gioco condiviso tra adulto e bambino sottolineano che le interazioni di qualità, in cui l’adulto è presente, partecipe e sintonizzato, sono fattori protettivi per lo sviluppo emotivo.
L’eredità più preziosa che un nonno può lasciare non è la permissività, ma la presenza autentica. Quella presenza che sa accompagnare anche attraverso le piccole delusioni, insegnando che l’amore vero non fugge davanti alle difficoltà ma le attraversa con pazienza. Le persone che ci vogliono davvero bene sono proprio quelle che, a volte, sanno dirci “no” guardandoci dritto negli occhi, con fermezza e tenerezza insieme.
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